“Andém e’ cino”

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il cinema Sant'Agostino

Pubblicato la prima volta il 16 Dicembre 2015 @ 11:45

All’epoca dicevamo “Andém e’ cino”, andiamo al cinema, perchè il cinema era l’unico vero svago del tempo. Le sale erano strapiene, soprattutto la domenica quando il più delle volte ci si doveva rassegnare al “posto in piedi” anche perché, quando la storia era avvincente, i più, il film, se lo guardavano almeno due volte.

Nel solo centro storico di Rimini si contavano sei sale: Supercinema (già Savoia), Modernissimo, Eliseo, Fulgor, Metropol, Italia (no non ce n’era uno che si chiamasse Odeon), senza contare quelli parrocchiali (Sant’Agostino, San Nicolò…). Questi ultimi, dove arrivavano i film in terza e quarta visione, proiettavano spesso la stessa pellicola, sfruttando gli orari in differita. E quando il garzone che trasportava la pizza in bicicletta, tardava, gli spettatori in attesa del secondo tempo cominciavano a fischiare ed inveire tirando di tutto verso lo schermo.

La mia infanzia è stata veramente segnata dal cinema giacchè abitavo tra il Cinema Italia ed il Cinema Sant’Agostino con l’opzione estiva dell’arena all’aperto. Ma il colpo di fortuna fu che in questi locali l’operatore, il mestiere che in “Nuovo Cinema Paradiso” era interpretato da Noiret, era mio zio Gino, il che consentiva di entrare gratis a me ed a mio fratello maggiore che doveva stare all’erta nei confronti “di spurcazun” (esibizionisti e quant’altro) che cercavano le loro prede nel buio delle sale sfruttando la vicinanza delle sedie.

Entravamo alla prima rappresentazione quando la sala conservava quell’odore inconfondibile del deodorante misto al fumo che aveva impregnato i tendaggi e ci stavamo fino a sera, lui con la gambe distese, la nuca quasi agganciata allo schienale come fosse sdraiato, io, più bassa di statura, per sormontare il capoccione che immancabilmente avevo davanti, piegavo le gambe sotto il sedere dondolando sulla sedia che, spesso, si chiudeva intrappolandomi.

E quando si accendevano le luci, dopo la fine di un tempo, girando la testa, ritrovavo, tra il pubblico, personaggi che sembravano usciti dallo schermo, la belloccia di mezz’età, tutta tirata alla costante ricerca di qualche “occasione”, la magra ed occhialuta che s’accompagnava ogni giorno ad un militare diverso, la coppia al femminile madre-figlia dove la prima era pronta a dileguarsi se alla seconda capitava un buon incontro, uomini anziani o così apparivano a quel tempo quando a cinquant’anni si era già considerati vecchi, le coppiette della domenica e soldati in divisa che, approfittando del costo più basso del biglietto, consumavano il pomeriggio al Cinema Italia dove si potevano vedere, seppur in seconda visione colossal e capolavori da i 10 Comandamenti e Ben Hur fino a Rocco e suoi Fratelli e La Dolce Vita.

La proiezione del film era poi rimpinguata dalla pubblicità che arrivava gradevolmente al pubblico, perché ci faceva intravedere un mondo dove tutti i desideri potevano essere soddisfatti.. certo un mondo lontano ma non impossibile e che già cominciava ad intravedersi qua e là.

E poi c’era il Film Luce o INCOM ovvero il Cinegiornale, che non fosse di nessuna utilità sul piano informativo lo dimostrava il fatto che ogni edizione “stesse su” anche un mese: si ripetevano le immagini dei rappresentanti del governo, uomini attempati, in doppio petto, parole di orgoglio nazionale che uscivano da una bocca col sorriso prestampato, ripresi mentre tagliavano qualche nastro o con qualche bambino tra le braccia, così magistralmente minchionati dai personaggi interpretati da De Sica o Gino Cervi. Noi bambine eravamo affascinate dai servizi sulle dive che immancabilmente, con la stola di visone ed un mazzo enorme di fiori scendevano da o salivano sull’aereo, mentre la voce fuori campo di Lello Bersani ci raccontava di successi, bizze, divorzi… quello sì un altro mondo!

Come già detto l’arrivo della televisione segnò la prima vera crisi delle sale.. ricordo che il Cinema Italia per stimolare l’affluenza regalava, col biglietto, un sacchetto di caramelle mentre il Cinema Sant’Agostino, nelle serate in cui andava in onda Lascia o Raddoppia, metteva l’apparecchio TV sul palco e faceva precedere la proiezione dalla trasmissione del capostipite di tutti i telequiz..
Già al Sant’Agostino si andava quando all’Italia c’era la giornata di replica. Quello annesso alla parrocchia, con le sedie scheggiate, la sola platea, un atrio non più largo di uno sgabuzzino… era veramente alla portata di tutti, seduti tra gli spettatori era come stare in famiglia..tanto che quando la pellicola faceva il “quadro”… sospettando che lo zio Gino, in cabina di proiezione, stesse spataccando con la morosa di turno, si rivoltavano verso il buco in alto gridando “dai Gino, nu fa’ è pataca!”. Ed anch’io ho capito solo più tardi perché quando portavo la merenda allo zio, su sua raccomandazione, dovevo bussare prima di entrare!

Al Sant’Agostino ho visto e rivisto tutta la serie su David Crockett, quello del berretto di pelliccia con la coda, tutti i film di Gèrri Lèvis (Jerry Lewis), di Stanlio e Ollio, Charlot, Totò e, naturalmente, “Marcellino, pane e vino” ed il mitico “Sette spose per sette fratelli”.

La sera, no: la sera il cinema era solo degli adulti. Alla domanda: “babbo, ci porti al cinema?”, la risposta era sempre la stessa: “sì al Cinema Bianchini, via Lenzuoli, numero Cuscini…”.

1 commento

  1. Ciao, io abitavo in vicolo contenti in zona montecavallo (oggi porta montanara) ,o passato la mia infanzia tra il cinema italia e sant’agostino e ricordo bene i vari film e rivederli 2 ,3, 4 volte .Grazie x questo remember.Oggi abito lontano ma il ricordo rimane.

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